lunedì 29 giugno 2015

Cacio e pepe
alla maniera di Antonello Colonna

Cacio e pepe pepe e cacio
Pepe e pepe cacio e cacio
Bianco e nero nero e bianco
Impeto della luce ebbrezza della notte
Tinte-contrasto- grande unisono
E ogni tanto acqua bollente
E poi cacio e pepe pepe e cacio...
Decidi tu quando dire basta

Questa ode al cacio e pepe è stata scritta dal famoso chef Antonello Colonna con Francesco Di Giacomo cantautore del gruppo Banco. Questi versi si trovavano nel menù di degustazione del ristorante col “portone rosso” a Labico, dove era possibile gustare una personale versione del cacio pepe preparata davanti ai clienti. Versione che come racconta Antonello Colonna nel suo libro Antonello Colonna: un anarchico ai fornelli, da Labico a New York è nata nel 2000 nel corso di “Cucinare a Labico”. Colonna racconta che l’idea di far rinascere questo piatto popolare romanesco era data dall’esigenza di “contrapporlo” alla cucina fusion ed in particolare al sushi che andava di moda in quegli anni nei ristoranti della capitale. Così pensò di nobilitare il popolare e semplice cacio e pepe, finito in secondo piano o talvolta scomparso nei menù dei ristoranti, preparandolo a mo’ di risotto davanti ai clienti, in una sorta di esibizione artistica. Riscosse grande successo tanto da essere definito “il re del cacio e pepe” ed alla presentazione della Guida di Roma del 2000 il Gambero Rosso gli dedicò l’evento dal titolo "tra sushi e cacio e pepe".
Nel programma di alcuni anni fa “Storie di grandi Chef”, Colonna mostra come cucinare la sua versione di cacio e pepe; così dopo la versione “classica” o per meglio dire quella che conosco, ho voluto provare ad eseguire la versione del grande chef. Lui utilizza come pasta dei bucatini io invece, ho utilizzato dei mezzi rigatoni. 



Cacio e pepe alla maniera di Antonello Colonna




Ingredienti:

400 g di mezzi rigatoni o altra pasta a piacere
300 g di pecorino romano grattugiato
pepe verde, nero, bianco e rosso in grani da macinare


Preparazione:

Si fa bollire l’acqua senza aggiungere sale (il pecorino insaporirà la pasta). Si versa la pasta, dopo pochi secondi rilascia l’amido nell’acqua, con un mestolo si comincia a togliere quasi tutta l’acqua dalla pentola per metterla in un altro pentolino che si terrà vicino su un fornello acceso. Si gira la pasta, aggiungendo man mano l’acqua prendendola dal pentolino vicino. Quando la pasta sarà cotta al dente, s’inizia ad aggiungere pian piano il pecorino grattugiato ed una generosa dose dei quattro pepi macinati al momento, si continua sempre a girare. Quando il pecorino sarà amalgamato, si serve e si aggiunge ad ogni piatto altro pepe macinato al momento.






Colgo l’occasione di ricordare Francesco Di Giacomo, purtroppo scomparso l’anno scorso, cantante ed autore del Banco, uno dei gruppi che amo molto.










venerdì 26 giugno 2015

Bocconcini

Ecco come ho utilizzato parte della conserva di cedro, con questi deliziosi pasticcini. I bocconcini sono dei pasticcini di mandorle, zucchero e conserva di cedro, poi cotti in forno. Sono molto comuni in Sicilia, una volta erano prodotti come altri dolci tipici, esclusivamente nei conventi femminili; attività che produceva ritorni economici per sostentarsi. Come si legge in Mandorle amare, una storia siciliana tra ricordi e ricette di Maria Grammatico e Mary Taylor Simeti, la caratteristica della ricetta delle suore di San Carlo è che gli ingredienti sono impastati insieme, invece i bocconcini realizzati in altri monasteri siciliani come alla Badia Nuova di Alcamo la conserva di cedro è utilizzata come ripieno da mettere al centro. Le suore di Alcamo ancora oggi producono bocconcini, però solo per regalarli, hanno smesso di venderli da quando l’introduzione dell’Iva ha reso difficile la contabilità.








Come è indicato nel libro in mancanza della conserva di cedro si può utilizzare la marmellata di limoni, ma questa deve essere piuttosto densa.

Ingredienti:

Per 30 pasticcini (io ho fatto metà dose ne sono venuti 15 circa)

450 g di mandorle pelate
340 g di zucchero semolato più altro zucchero per la lavorazione
340 g di conserva di cedro
2 cucchiaini di estratto di mandorla (se desiderato)


Preparazione:

Si tritano le mandorle con lo zucchero fino ad ottenere una consistenza farinosa, simile al couscous. Si aggiunge la conserva di cedro ed eventualmente l’estratto di mandorla, si comincia a lavorare il composto aggiungendo un cucchiaio di acqua poco alla volta fino a quando l’impasto non comincerà a rapprendersi. Si continua a lavorare il composto su un ripiano cosparso di zucchero semolato, poi si divide in quattro parti, si formano dei tronchetti di 4 cm circa, si tagliano in pezzetti lunghi 2.5 cm. Si arrotola ciascun pezzetto tra le mani, si rotola nello zucchero e si appiattisce un po’. Si dispongono su una teglia rivestita di carta forno ad una distanza di 2 cm circa, si mettono in forno caldo a 200° C, per 15 minuti circa, finché i dolcetti non diventeranno dorati. Si lasciano riposare sulla teglia per 5 minuti, poi si trasferiscono su una griglia a raffreddare. Si conservano in un contenitore chiuso.





mercoledì 24 giugno 2015

Conserva di cedro

Con i restanti cedri che mi hanno regalato ho fatto la conserva, ricetta letta nel delizioso libro che mi ha regalato alcuni fa Anca, Mandorle amare, una storia siciliana tra ricordi e ricette, di Maria Grammatico e Mary Taylor Simeti, da cui ho realizzato le gustose polpette dolci. Il libro racconta la vita travagliata e professionale di Maria Grammatico cresciuta nel convento di clausura di San Carlo ad Erice negli anni Cinquanta, dove imparò o per meglio riuscì a carpire, scrivendo su un quaderno, le ricette dei dolci che confezionavano le monache per sostentarsi; le religiose erano molto gelose delle ricette che si tramandavano da generazioni e non permettevano a nessuno di conoscere le dosi. Quando uscì dal monastero, con sacrifici aprì la pasticceria oggi celebre in tutto il mondo.
Maria racconta che la conserva di cedro era tra gli ingredienti fondamentali della pasticceria del San Carlo ma per realizzarla richiedeva molto fatica, perché grattugiavano la buccia con una grattugia di ferro bombato molto grande lunga settanta centimetri e larga quaranta che doveva essere utilizzata da due persone una da un lato e una dall’altra. La conserva una volta fatta, si utilizzava per i ripieni degli agnelli o i cuori di pasta di mandorla, e altri pasticcini con le mandorle (che prossimamente posterò) o di pasta frolla. Come rileva Maria Grammatico oggi è sempre più difficile trovare i cedri, perché la domanda è limitata e si aggiunge anche che sono tra gli agrumi i più difficili da coltivare.




Conserva di cedro




lunedì 22 giugno 2015

Hummus

Quando si parla di hummus in genere s’intende la crema di ceci mescolata con la tahina ed altri ingredienti, tipica dei paesi arabi e di Istraele. Ci sono molto ricette di humus di ceci e non solo che variano da paese a paese per non parlare da famiglia a famiglia. Ho seguito la ricetta di Yotam Ottolenghi e di Sami Tamimi due chef, uno israeliano di origine italiane e tedesche l’altro palestinese, molto famosi in Inghilterra e non solo per i loro libri in particolare Jerusalem, con ricette israeliane e palestinesi (sia autentiche che «rivisitate»), che ho avuto modo di parlare e sperimentare qui e qui.
Questa è la loro versione base dell’humus (Basic hummus). Ho utilizzato la tahina o tahini fatta in casa; poi l’ho servito con un filo di olio di sesamo e cosparso di paprika e prezzemolo tritato grossolanamente.




Hummus




Ingredienti:

250 g di ceci secchi (io varietà ceci del solco dritto)
270 g di tahini (per farla a casa si può seguire questa ricetta)
4 cucchiai di succo di limone
4 spicchi d’aglio
1 cucchiaino di bicarbonato di soda (omesso)
100 ml di acqua ghiacciata
1 cucchiaino e mezzo di sale


Preparazione:

La notte prima si mettono a bagno i ceci in acqua fredda. Il giorno dopo, si scolano bene e si mettono in una casseruola si aggiunge il bicarbonato di soda, si fa cuocere per tre minuti mescolando continuamente (io ho omesso questo passaggio). Poi si aggiunge l’acqua fredda e si fanno cuocere, il tempo dipende dal tipo di cece, comunque fino a che saranno morbidi. Una volta cotti si scolano e si trasferiscono in un frullatore, si tritano fino ad avere un pasta soda, si aggiunge la tahini, il succo di limone, l’aglio e 1 cucchiaino e mezzo di sale. Si versa lentamente l’acqua ghiacciata e si aziona il frullatore fino ad ottenere un composto liscio e cremoso. Si trasferisce l’hummus in una ciotola, si copre la superficie con la pellicola e si lascia riposare almeno per 30 minuti.
Se non si mangia subito, si conserva in frigo fino al suo uso, basta tirarlo fuori dal frigo almeno 30 minuti prima di consumarla.
Si conserva coperta in frigo per tre giorni.




venerdì 19 giugno 2015

Tahina o tahini

La tahina o tahini è una crema fluida preparata con i semi di sesamo tostati, tritati ed amalgamati con l’olio; diffusa in nord Africa, Turchia e Medio oriente, utilizzata per preparare salse come l’hummus, per accompagnare carne, pesce e verdure o semplicemente da spalmare sul pane pita o simili. Ho seguito questa ricetta per farla in casa, ho utilizzato l’olio di sesamo, ma si possono usare anche altri oli come di arachidi o di semi di girasole.

  


Tahina o tahini




Ingredienti:

200 g di semi di sesamo
100 g di olio di sesamo o di vinaccioli o di arachidi o di semi di girasole
1 cucchiaino di sale marino fino


Preparazione:

Si fanno tostare in una padella i semi di sesamo, girando continuamente con un cucchiaio di legno a movimenti circolari, facendo attenzione a non far bruciare il sesamo. Una volta tostati si trasferiscono in un piatto per farli raffreddare. Poi si tritano in un macinacaffè fino a raggiungere una consistenza farinosa (io non li ho tritati); si mettono in un mixer si unisce l’olio, il sale e si azione fino ad avere un composto cremoso e fluido.
Si trasferisce in una contenitore di vetro e si conserva in frigo, coperta dall’olio.




mercoledì 17 giugno 2015

Polpette di fagioli con cuore di mortadella

Ho una passione per le polpette ed affini di carne, pesce, vegetali e legumi. Queste sono di fagioli borlotti con un cuore di mortadella e formaggio semistagionato, avvolte da una panatura aromatica. Io le ho cotte in padella giusto il tempo di formare la crosticina, ma sono ottime anche al forno.


Polpette di fagioli con cuore di mortadella



Ingredienti:

300 g di fagioli borlotti cotti in precedenza
60 g circa di formaggio semistagionato
2 fette di mortadella
1 fetta di pane integrale raffermo
1 uovo
2 cucchiai di latte
pangrattato aromatico (aglio, pepe, aghi di rosmarino, timo, parmigiano)
olio extra vergine di oliva
timo
rosmarino
pepe nero
sale


Preparazione:

In una scodella si mette il pane raffermo tagliato a pezzetti ed il latte, si lascia ammorbidire. Nel mixer si mettono i fagioli, il pane ammollato ben strizzato, il sale, il pepe, il timo ed il rosmarino; si frulla il tutto, si ottiene una purea che si trasferisce in un recipiente si unisce l’uovo e si mescola il composto, se è troppo morbido si aggiunge un po’ di pangrattato. Con le mani bagnate si prende una parte del composto si fa un incavo e si aggiunge la mortadella tagliata a pezzetti e un dadino di formaggio, si fanno delle palline e si passano bene nel pangrattato aromatico. Si fa riscaldare l’olio extra vergine di oliva in una padella antiaderente, si mettono le polpette e si fanno cuocere giusto il tempo di formare la crosticina da entrambi i lati. Si scolano dall’olio in eccesso su una carta assorbente o carta da pane e si servono. 





lunedì 15 giugno 2015

Mezzi rigatoni con pesto di prezzemolo, pomodori secchi, mandorle e cedro

In questo periodo prediligo le paste con sughi semplici, veloci e freschi. Il condimento “pesto” nelle sue varie declinazioni è privilegiato, perché si può preparare al momento, ma anche il giorno precedente riporlo in un vasetto e conservarlo in frigorifero, poi tirarlo fuori un po’ prima, il tempo di cuocere la pasta. Il piatto è fatto.
Questo di oggi è uno di questi pesti nati mettendo insieme quello che avevo in dispensa ed in frigorifero: prezzemolo, pomodori secchi sott’olio, mandorle; ci ho aggiunto succo e scorza di cedro (ma può essere sostituito con il limone) che ha donato un sapore e profumo, a me molto gradito.


Mezzi rigatoni con pesto di prezzemolo, pomodori secchi, mandorle e cedro




Ingredienti:


400 g di mezzi rigatoni

Per il pesto

80 g circa di prezzemolo
50 g di pomodori secchi sott'olio
30 g di mandorle senza pelle
1 spicchio di aglio
succo di 1 cedro
metà scorza del cedro
olio extra vergine di oliva
pepe nero



Preparazione:

Si mettono nel mixer il prezzemolo lavato, i pomodori secchi, le mandorle, l'aglio, il succo del cedro, metà della scorza, un pizzico di sale ed il pepe nero, si aziona dando brevi impulsi intermittenti incorporando a filo l'olio extra vergine di oliva.

Si fa cuocere la pasta in abbondante acqua salata, si scola e si condisce con il pesto ed un filo di olio extra vergine di oliva. S’impiatta e si aggiunge la scorza del cedro.



venerdì 12 giugno 2015

Sfincione alla palermitana

... don Peppino Padellani tirò il panno dalla cesta rivelando i quadrati di sfincione disposti accuratamente a spina di pesce, ogni strato separato dall'altro da fogli di carta oleata. L'aroma sbummicò impetuoso. Con gagliarda ingordigia l'anziano maresciallo ne addentò un pezzo e, puntando il dito verso la cesta, incoraggiava i camerieri a farsi avanti. Quelli si accostavano con un ritegno che ebbe breve durata: presero a strappare lo sfincione con i denti e a ingozzarsi; con la bocca ancora piena, facevano a gara per infilare nella cesta le mani avide e afferrarne un altro pezzo.
[…]
I camerieri si erano fatti da parte all'ingresso della marescialla e delle figlie minori; le accolsero con un corale "Voscenza benedica". Piegata sulla cesta e mostrando alla servitù più del necessario del suo generoso décolleté, donna Gesuela controllava che il panettiere avesse eseguito gli ordini, e con il molle accento palermitano faceva una sfilza di domande senza attendere risposta: "Ciccio, com'era quello col caciocavallo?", "Filomena, le olive nere snocciolate sono?", e infine a tutti: " Vi è piaciuta la crosta di mollica di pane?". Poi diede a Carmela, che non si staccava dal suo fianco, un pezzo di sfincione alla palermitana - un letto di cipolle bollite e affettate, con pezzettini di acciughe e caciocavallo mescolati nell'impasto e appena visibili, e coperto da un croccante strato di pangrattato spruzzato di olio di oliva - addentò il suo, conzato con patate tagliate sottili e melanzane.

Simonetta Agnello Hornby, La monaca, 2010



 Dopo lo sfincione alla bagherese, non potevo non provare la versione palermitana. Si distingue dall’altro per l’aggiunta del pomodoro alle cipolle stufate, alle alici, al caciocavallo ed al pangrattato. Sembra che l’aggiunta del pomodoro, delle alici e caciocavallo sia da attribuire ad alcune suore del monastero di San Vito a Palermo.
Nel romanzo La monaca di Simonetta Agnello Hornby, lo sfincione appare all’inizio della narrazione, è il protagonista della festa del 15 agosto l’Assunzione della Vergine.
Il romanzo è ambientato a metà Ottocento tra Messina, Napoli e Palermo, segue le vicende del maresciallo dell'esercito del Regno delle Due Sicilie Peppino Padellani di Opiri, di sua moglie donna Gesuela originaria di Palermo, delle sue figlie in particolare della tredicenne Agata che, dopo varie vicissitudini, è costretta a farsi monaca benedettina. Nel convento, oltre al giardinaggio ed alla cucina, si appassiona allo studio ed alla lettura straniera grazie alla corrispondenza del capitano James Garson conosciuto durante il viaggio a Napoli, che le spedisce dei libri come Pride and Prejudice (Orgoglio e Pregiudizio) di Jane Austen.
Nei passi riportati donna Gesuela ha fatto fare dal panettiere, sotto sua indicazione, diverse varietà di sfincione per offrirli caldi la mattina del 15 agosto a tutte le persone di casa: cocchieri, garzoni, domestici, poiché era usanza di famiglia mangiarlo tutti insieme per la festa dell’Assunzione della Vergine. Un cibo povero ma gustoso che in quell’occasione non creava distinzione di classe rappresentava una sorta di metafora dell’uguaglianza.



Sfincione alla palermitana





mercoledì 10 giugno 2015

Torta al cocco con ciliegie

La ricetta di questa torta al cocco l’ho tratta da “L’Enciclopedia della Cucina Italiana”, volume 11, Torte, denominata Dolce di cocco. Ho fatto qualche variante alla ricetta originaria, ho sostituito il burro (80 g) con l’olio extra vergine di oliva, ho aggiunto un cucchiaino di Maraschino ed ovviamente le ciliegie denocciolate in precedenza. E’ venuta fuori una torta morbida, profumata e molto gustosa con le ciliegie che adoro.




Torta al cocco con ciliegie




Ingredienti:

per uno stampo da 20 cm di diametro

200 g di farina 00
180 g di zucchero semolato
80 g di cocco rapè
1 uovo
125 ml di latte intero
60 ml di olio extra vergine di oliva
1 cucchiaino di Maraschino
1 bustina di lievito per dolci
zucchero a velo

10 ciliegie circa denocciolate


Preparazione:

Si setaccia la farina in una ciotola capiente si aggiunge il lievito e lo zucchero. In un’altra ciotola si sbatte l’uovo con il latte, l’olio extra vergine di oliva ed il Maraschino. Si versa nella farina e si unisce il cocco rapè. Si lavorano tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto omogeneo. Si versa il tutto in uno stampo e si unisco le ciliegie privare del nocciolo e leggermente infarinate. S’inforna a forno caldo a 180° C per 45-50 minuti circa, dipende dal forno, farà fede la prova stecchino. Si sforna e si lascia intiepidire, poi si sforna e si lascia raffreddare.

Una volta fredda di cosparge di zucchero a velo e si aggiungono a piacere altre ciliegie per decorazione.





lunedì 8 giugno 2015

Spaghetti con pesto di erbe aromatiche, nocciole e speck

Ho utilizzato le erbe aromatiche del mio balcone: salvia, timo e rosmarino per fare un pesto a cui ho aggiunto l’aglio, il parmigiano e ovviamente l’olio extra vergine di oliva. Poi l’ho fatto insaporire con il concentrato di pomodoro diluito con un po’ di acqua di cottura della pasta; ci ho aggiunto gli spaghetti cotti al dente, la granella di nocciole tostate ed infine lo speck tagliato a listarelle. E’ venuto fuori un primo veloce, gustoso e profumato.



Spaghetti con pesto di erbe aromatiche, nocciole e speck




Ingredienti:

400 g di spaghetti
50 g di speck
40 g di nocciole sgusciate e tostate
1 cucchiaino di concentrato di pomodoro
Parmigiano Reggiano o Grana Padano

Per il pesto

50 g  di parmigiano Reggiano o Grana Padano
salvia fresca
timo fresco
rosmarino fresco
1 spicchio di aglio
olio extravergine di oliva
sale
pepe nero



Preparazione:

In un mixer si tritano le nocciole tostate e si mettono da parte. Nello stesso boccale si mette uno spicchio di aglio e le erbe aromatiche, il parmigiano, pizzico di sale, pepe e si aziona il mixer dando dei brevi impulsi e si aggiunge a filo l’olio extravergine di oliva, fino ad ottenere un pesto.

Nel frattempo si porta ad ebollizione l’acqua per la pasta e si versano gli spaghetti. In una larga padella si mette il pesto di erbe aromatiche e si aggiunge il concentrato di pomodoro diluito con l'acqua di cottura della pasta, si miscela il tutto.  Si unisce la pasta cotta al dente, si aggiunge un filo di olio extra vergine di oliva e le nocciole tritate, si fa saltare il tutto. S'impiatta e si aggiunge lo speck tagliato in precedenza a listarelle e a piacere il formaggio grattugiato.




venerdì 5 giugno 2015

Polpo alla pizzaiola

Ho prima lessato il polpo, dopo la cottura l’ho ripassato in padella con un sugo veloce di pomodori freschi aglio ed origano; alla fine ho aggiunto il prezzemolo tagliato grossolanamente. E’ ottimo anche per condire la pasta.



Polpo alla pizzaiola



Ingredienti:

1 polpo di 800-900 g circa
3-4 pomodori ramati o pomodori pelati
1 spiccio di aglio
origano
ciuffo di prezzemolo
olio extra vergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:

Dopo aver pulito il polpo, eliminando la sacca, il becco, gli occhi, s’immerge in abbondante acqua fredda e si porta ad ebollizione. Si fa cuocere per 40-50 minuti fino a che risulterà morbido e si lascia raffreddare nella sua acqua. Una volta intiepidito, si taglia a pezzi e si mette da parte.

Nel frattempo in una larga padella si fa imbiondire lo spicchio d’aglio in olio extra vergine di oliva, si aggiungono i pomodori tagliati a pezzi, si sala, si pepa e si aggiunge l’origano. Si fanno cuocere per 7-8 minuti, si aggiunge il polpo tagliato a pezzi e si lascia insaporire per alcuni minuti, infine si aggiunge il prezzemolo tagliato grossolanamente.





mercoledì 3 giugno 2015

Risotto con crema di finocchi

In questo periodo mangio spesso i finocchi, mi piacciono sia crudi che cotti in padella o al forno. Mi capita di condirci anche i risotti, questo è un esempio. Prima ho stufato in padella i finocchi con la cipolla, poi li ho ridotti in crema aggiungendo dei filetti di alici sott’olio, per dargli un po’ di sapidità. Infine ho aggiunto a crudo le barbe di finocchio, che danno una freschezza e profumo al piatto. E’ un risotto leggero, ma al contempo gustoso.



Risotto con crema di finocchi



Ingredienti:

380 g di riso Carnaroli
50 g di Parmigiano Reggiano o Grana Padano grattugiato
2 finocchi medi
4 filetti di alici sott’olio
1 cipolla
1 noce di burro
mezzo bicchiere di vino bianco secco
1 l circa di brodo vegetale (carota, cipolla, sedano, pomodoro, sale e pepe)
olio extravergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:

Si puliscono i finocchi e si conservano alcune barbe, si tagliano a striscioline si mettono in padella con olio extra vergine di oliva, una cipolla tagliata a fette, si sala e si pepa, si compre si fanno cuocere per 15-20 minuti in modo da farli appassire. Una volta cotti, alcuni si mettono da parte altri si versano in un mixer si aggiungono le alici sott’olio, si fa andare fino ad avere una crema.

In un tegame caldo si mette il riso a tostare, si bagna con il vino bianco e si lascia evaporare, si sala e si pepa. Si comincia ad unire un mestolo di brodo vegetale e si prosegue la cottura aggiungendo il brodo ogni volta che il precedente è stato assorbito. A metà cottura si aggiunge la crema di finocchi, si prosegue la cottura, aggiungendo se serve altro brodo. A fine cottura si manteca con il parmigiano grattugiato e una noce di burro. Si lascia riposare qualche minuto e si serve aggiungendo i finocchi stufati, le barbe di finocchi ed a piacere una spolverata di pepe e di formaggio grattugiato.