Con Quanti modi di fare e rifare siamo nella mia amata città Roma, da
Silvia per fare i Maritozzi. I maritozzi sono dei soffici panini dolci oblunghi
spaccati in due ripieni di tanta panna montata; nella versione cosiddetta
quaresimale, invece, sono con pinoli, uvetta ed arancia candita.
Con probabilità derivano dai dei
pani dolci, una sorta di pagnotte, molto in uso già al tempo dei romani, che
nel medioevo erano consumati soprattutto nel tempo di Quaresima, in forma più
piccole, più cotte ed arricchite di canditi ed uvetta. Tradizione che si è
perpetuata nei secoli, tanto che nella Roma ottocentesca era l’unico dolce
consentito dall’autorità pontificia nel periodo di Quaresima, "der zanto
maritozzo" ne parla Giuseppe
Gioachino Belli nel sonetto La quaresima.
Come racconta il poeta e studioso
di folclore romanesco Giggi Zanazzo in Usi,
costumi e pregiudizi del popolo di Roma (1908), un tempo questo panino
dolce era legato alla tradizione del primo venerdì di marzo. Vale a dire le coppie
di fidanzati si recavano a San Pietro ed era usanza che l’innamorato donava
alla futura sposa un panino dolce, molto più grande rispetto a quelli in uso,
con la superficie decorata con cuori di zucchero e all’interno poteva contenere
l’anello o qualche regalo d’oro. Con probabilità da questa tradizione che si lega il nome “maritozzo” che è una deformazione della parola marito. Sull’origine
del dolce il poeta romanesco Adone Finardi, nel 1851, fantasticò un poemetto in
sei canti in dialetto romanesco dal titolo Li maritozzi che se fanno la Quaresima a Roma, dove racconta la guerra di due
re: Mari e Tozzi con i rispettivi generali. L’esercito del re Tozzi era guidato
dai generali Zuccaro, Pignolo, Lievito e Zibbibbetto mentre l’esercito di re
Mari era guidato dai generali Passerina, Acqua, Forno, Legna e Fiore; dopo
alcune battaglie la guerra finì con abbracci, riconciliazioni e banchetti a
Roma, e in uno di questi pranzi al cuoco venne l’ispirazione di creare il
maritozzo:
Sui nomi de li Re e de li guerieri
più famosi che c’ereno, ‘sto coco
arivortò per bene i su’ pensieri
e inventone, a quer bionno,
press’a poco,
‘na pasta che po’ varda rarità,
s’annò davero ar monno a
immortalà.
Prese Fiore, Pignoli e Passerina
e Zuccaro e Cannito e
Zibbibbetto,
Acqua e Levito e, in quanto a la
cucina,
se servitte de Forno e Legno
schietto;
impastò, cucinò e da Mari e
Tozzi,
je dette er nome, poi, de maritozzi".
Invece della versione quaresimale
con i pinoli ed uvetta proposta da Silvia, ho voluto fare quella senza pinoli e
uvetta, ma solo con tanta panna montata che si trova normalmente in alcune
pasticcerie e bar (alcuni sono specializzati, aperti anche di notte). Da tempo
volevo provare la versione di Adriano, provata anche da Paoletta, così ho colto
l’occasione.