lunedì 31 marzo 2014

Fagotto ripieno di scarola, alici ed olive di Gaeta

Ho un debole per la scarola con le alici e le olive; con piccole variazioni (aggiunta di altri ingredienti) è stata protagonista già di due torte salate: una di pasta matta l’altra di una pasta fatta con lo strutto. Oggi invece fa da ripieno ad un fagotto di pizza. Per l’impasto ho utilizzato una parte di farina Buratto che ha reso l’impasto un po’ più “rustico”, per la presenza di leggerissime parti di fibra ed il germe del chicco.



Pizza di scarola, alici ed olive di Gaeta




Per l’impasto
150 g di farina Buratto
150 g di farina 0
3 g di lievito di birra secco o 9 g di lievito di birra fresco
150-200 ml circa di acqua, dipende dall’assorbimento della farina
pizzico di sale
semola di grano duro per la teglia

Per il ripieno:
200 g di scarola
200 g di scarola riccia
1 cipolla bianca
6 filetti di alici sott’olio
80 g di olive di Gaeta
1 spicchio di aglio
olio extra vergine di oliva
peperoncino


Rifinitura:
1 cucchiaio scarso di passata di pomodori o pomodori pelati



Preparazione:
In un pentolino si fa intiepidire l'acqua, se ne versa parte a riempire mezzo bicchiere in cui si unisce il lievito; si mescola e si fa sciogliere completamente per 5-6 minuti circa.
In una ciotola capiente si versano le farine setacciate, si mescola il tutto. Si unisce il lievito e si inizia ad amalgamare aggiungendo la restante acqua e il sale. Si lavora fino a quando i liquidi saranno ben assorbiti.
Si prende l'impasto e si comincia a lavorare energicamente sulla spianatoia infarinata minimo 20 minuti, fino ad avere un composto consistente morbido ed elastico. Si dà la forma di una palla e si mette in una capiente ciotola unta di olio e si copre con un panno. Si lascia a lievitare nel forno spento fino a quando raddoppia il volume.

Nel frattempo si prepara il ripieno. In una larga padella si fa scaldare l’olio extra vergine di oliva e il peperoncino, si aggiungono i filetti di alici e le cipolle tagliate a fettine. Una volta dorate, si aggiungono le scarole ben lavate e scolate, si fanno cuocere coperte fino a far perdere il liquido di vegetazione. Una volta cotte si uniscono le olive di Gaeta private del nocciolo. Si lascia raffreddare.


Passato il tempo di lievitazione si prende la pasta, si forma un panetto, si allarga con la punta delle dita sulla spianatoia formando un rettangolo abbastanza grande. Si mette il ripieno tre-quattro dita sotto il bordo superiore del rettangolo. Si prende la parte bassa dell’impasto e si copre. Si preme la parte superiore e i lati per sigillare i due impasti e formare una sorta di bordo. Si forma una ciambella abbastanza stretta, facendo in modo che i bordi superiori sigillati siano al centro a formare una guarnizione (E’ più facile da fare che da spiegare). Si spennella la superficie con il pomodoro, si deposita su una teglia spolverata con la semola di grano duro. Si mette al forno caldo a 240° C, per 30-40 minuti dipende dal forno.



Pizza avvolta ripiena di scarola, alici ed olive di Gaeta








venerdì 28 marzo 2014

Polpette di patate e totani

I totani già li avevo impiegati per fare delle polpette di totani al sugo; oggi invece le propongo in bianco con l’aggiunta nell’impasto delle patate e con una panatura aromatizzata al timo, aglio, peperoncino e parmigiano. Io le ho fritte, ma possono essere anche cotte al forno, sono più leggere e ugualmente buone.



Polpette di patate e totani





Ingredienti:
3 totani
2 patate medie
80 g circa di pangrattato
50 g di parmigiano Reggiano o Grana Padano
2 uova
1 spicchio di aglio
timo
peperoncino
olio extra vergine di oliva
sale


Preparazione:
Si puliscono per bene le patate, si mettono con tutta la buccia in acqua fredda si porta l’acqua all’ebollizione; dall’ebollizione si fanno cuocere per 20-30 minuti. Passato il tempo di cottura si scolano e si lasciano intiepidire. Si pelano e si schiacciano con lo schiacciapatate in una grande ciotola.
In un mixer si mettono il timo, il peperoncino e lo spicchio di aglio, si aggiunge il pangrattato e il resto del parmigiano grattugiato; si aziona per alcuni istanti il tempo di tritare il tutto e far amalgamare i sapori.
Si puliscono i totani, si tagliano a pezzetti molto piccoli (meglio se si utilizza un mixer); si uniscono alla purea di patate, si sala, si aggiunge un po’ di timo, di parmigiano grattugiato e l’uovo, si amalgama il tutto. Dal composto si prendono delle palline si arrotolano e si schiacciano, si passano prima nell’uovo sbattuto poi nel pangrattatto aromatico.
Si friggono in olio extra vergine di oliva o in olio di semi, come si preferisce. Una volta cotte da entrambi le parti, si scolano su una carta assorbente o carta da pane dall’olio in eccesso.







mercoledì 26 marzo 2014

Carciofi alla romana


In questo periodo nei mercati della mia città il carciofo romanesco chiamato anche "cimarolo" o "mammola", è il protagonista.  Ha una bellissima forma sferica ed è senza spine, è coltivato nelle aree delle province di Viterbo, Roma e Latina; da alcuni anni è protetto dall’Indicazione Geografica Tipica (IGP) ed è tutelato dal Consorzio per la tutela del Carciofo Romanesco.
Nella cucina romana ed ebraico-romanesca il suo impiego esemplificativo è nei: Carciofi alla Giudia, a cui anni fa ho dedicato la famosa ode di Neruda, perfetta per rappresentare questo piatto, e i Carciofi alla romana con aglio, prezzemolo e mentuccia, cotti a fuoco basso.



Carciofi alla romana


Ingredienti:
6 carciofi preferibilmente i romaneschi detti “mammole” o cimaroli
ciuffi di prezzemolo
alcune foglie di mentuccia romana
2 spicchi d’aglio
olio extravergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:
Si trita prezzemolo, le foglie di mentuccia romana e l’aglio si mettono in una ciotola con il sale, il pepe e un cucchiaio di olio e si mescola.
Si mondano i carciofi eliminando le foglie esterne più dure, si taglia la parte alta delle foglie e parte del gambo (dovrebbe rimanere all’incirca 5-10 cm), quest’ultimo si rifila della parte esterna più “legnosa”. Si battono sul tavolo per far aprire un po’ il carciofo, per poi eliminare l’eventuale peluria. Man mano che si puliscono si mettono in una ciotola con dell’acqua fredda (L’acqua dovrebbe essere acidula con succo di limone per non farli annerire, ma non metto il succo di limone nell’acqua quando cucino subito i carciofi, bensì uso i gambi del prezzemolo). Ultimata la pulitura si scolano e si asciugano, si salano, si pepano e si cominciano a riempire con il trito di prezzemolo, mentuccia romana ed aglio.
In un tegame alto ma non grande, si dispongono i carciofi a testa in giù con il gambo rivolto verso l’alto, i carciofi devono stare abbastanza stretti tra loro. Si sala, si pepa e si versano quattro cucchiai di olio extra vergine di oliva e un bicchiere e più di acqua. Si copre prima con la carta del pane, o la carta da forno bagnata e poi con il coperchio, si fa cuocere a fuoco lentissimo, fino a quando si è consumata l’acqua e toccandoli con i rebbi della forchetta risultano morbidi. Si possono servire sia caldi che freddi.




Con questo piatto partecipo al contest Ricette Regionali del blog Kucina di Kiara in collaborazione con Magnaitalia

















lunedì 24 marzo 2014

La pasta con i broccoli e le salsicce


Per il piatto di oggi ho preso spunto dal film di Pupi Avati del 2005: La seconda notte di nozze. Il film è tratto dall’omonimo libro edito lo stesso anno ed è ambientato in Puglia nel secondo dopoguerra, precisamente a Torre Canne vicino Fasano. Ecco la trama dal sito dedicato al film:


Puglia immediato dopoguerra, Giordano Ricci (Antonio Albanese) è un omone dalla barba ispida che smina i campi di Torre Canne. Nessuno si oppone a questa sua attività perché a causa di "certe malinconie passate a cui i medici non hanno saputo trovare rimedio neanche con la scossa" Giordano è da tutti considerato un malato di mente - in quanto tale più sacrificabile di una persona sana. Le uniche a preoccuparsi sono le vecchie zie che gestiscono la fabbrica di confetti di famiglia. La vita di Giordano cambia all'improvviso con l'arrivo di una lettera da Bologna. La mittente è sua cognata Liliana (Katia Ricciarelli), vedova di suo fratello da pochi mesi, amata segretamente durante l'adolescenza. Giordano felice non esita ad invitarla nella grande masseria di Torre Canne suscitando le ire delle zie.
Nino (Neri Marcorè), il giovane e scaltro figlio di Liliana, e la donna partoni così alla volta della Puglia con un'auto rubata dal ragazzo. L'accoglienza nella masseria è gelida: le zie non nascondono la loro ostilità, Giordano è gentile ma l'emozione lo rende ancora più impacciato e Liliana si rende conto con dolore delle sue condizioni psichiche. L'affetto di Liliana per Giordano cresce nel tempo soprattutto in seguito a due eventi: Giordano riesce a far avere a Nino un posto da avvocato presso un notaio e poi lo toglie dai guai. Ma il tempo mette a posto tutto e qualcosa di miracoloso accadrà all'interno della masseria. Anche le vecchie zie accetteranno la presenza di Liliana nella grande casa con Giordano accanto a lei.
http://www.lasecondanottedinozze.it/italiano/index.htm

 






Il piatto in questione, La pasta con i broccoli e le salsicce è presentata da una delle zie, Eugenia (Marisa Merlini), all’arrivo nella masseria degli affamati, non solo per il lungo viaggio, Liliana e Nino. Pupi Avati dedica un primo piano in tutta la sua bellezza alla zuppiera colma di pasta, broccoli, pomodorini e salsiccia. La salsiccia è quella che si può trovare in Puglia in unico e lungo pezzo, simile nell’aspetto alla luganega.




 
Pasta con broccoli salsicce




Ingredienti:
400 g di maniche, rigatoni, tortiglioni o altra pasta corta
600 g di broccoli primaverili
500 g di salsiccia tipica pugliese ad unico pezzo oppure la luganega
150 g di pomodorini ciliegino
2 spicchi di aglio
peperoncino
mezzo bicchiere di vino bianco
olio extra vergine di oliva
sale

Preparazione:
In una larga padella si mette un filo di olio e la salsiccia si fa cuocere per alcuni minuti a fuoco alto da entrambi i lati, poi si abbassa la fiamma e si fa cuocere per 20-30 minuti circa. Una volta bene rosolata, si toglie dalla padella e si sfuma il fondo con il vino, si fa evaporale e si rimette la salsiccia si lascia insaporire per alcuni minuti da entrambi i lati.
Nel frattempo si monda il broccolo e si divide in cimette, si fanno scottare in acqua calda per 5 minuti circa. In una larga padella si fa scaldare il peperoncino con uno spicchio di aglio, si aggiungono i broccoli, e si fanno saltare per alcuni minuti, si sala.
In un’altra padella si fa imbiondire l’altro spicchio di aglio, si aggiungono i pomodorini tagliati a metà si salano e si fanno scottare per alcuni minuti.
Si fa cuocere la pasta in abbondante acqua salata, una volta cotta si scola e si unisce alle cimette di broccoli ripassate, si aggiungono i pomodorini ed infine le salsicce tagliate a pezzi lunghi.









venerdì 21 marzo 2014

Baccalà al pomodoro ed olive



Ci sono molti modi per cucinare il baccalà, questo è tra quelli che preferisco o meglio che faccio più spesso. Prima lo passo nella farina, lo faccio dorare nell’olio extra vergine di oliva, poi lo faccio insaporire in un sugo di pomodoro, cipolla e peperoncino; alla fine aggiungo le olive di Gaeta ed olive verdi.  




Baccalà pomodoro olive verdi e di Gaeta



Ingredienti:
600 g di baccalà ammollato
400 g di passata di pomodoro
80 g di olive di Gaeta
50 g olive verdi denocciolate
1 cipolla bianca
farina q.b.
due cucchiai di vino bianco secco
olio extravergine d'oliva
peperoncino
prezzemolo


Preparazione:
Si passa il baccalà ammollato sotto l’acqua corrente e si taglia a pezzetti. Si tampona con carta assorbente e si passa nella farina.
Si fa rosolare nell’olio extra vergine di oliva, si scola e si lascia asciugare dall’olio in eccesso.
Nel frattempo in una larga padella si fa riscaldare l’olio extravergine di oliva, si aggiunge la cipolla tagliata a fettine si fa stufare per alcuni minuti e si bagna con il vino bianco, si sfuma e si aggiunge la passata di pomodoro e il peperoncino. Si lascia cuocere per 10 minuti, poi si uniscono le olive verdi denocciolate tagliate a rondelle e le olive di Gaeta denocciolate. Si aggiungono i tranci di baccalà e si fanno insaporire per alcuni minuti girandoli ogni tanto. Finita la cottura s’impiatta con l’aggiunta del prezzemolo tritato grossolanamente. 






mercoledì 19 marzo 2014

Insalata di cappone con scarola, radicchio di Chioggia, finocchio, noci e pecorino


Questa insalata è nata per esigenze di recupero, utilizzare del cappone lesso (ma poteva essere pollo o tacchino), e del pane. Il cappone lesso l’ho unito ad un’insalata di scarole, radicchio di Chioggia e finocchi; ed ho condito il tutto con un’emulsione di olio extra vergine di oliva, aceto balsamico, sale e pepe nero. Poi ho aggiunto delle noci e un formaggio della Tuscia, il Pecorino Cenerino dal sapore leggermente salato e piccante, la cui caratteristica e quella di essere sottoposto a “messaggi” nei primi 40-50 giorni di stagionatura, con olio e cenere di camino, da cui prende il nome. Infine ho aggiunto il pane ridotto in dadolata e tostato in padella con olio extra vergine di oliva aromatizzato all’aglio.



Insalata di cappone con scarola, radicchio di Chioggia, finocchio, noci e pecorino




Ingredienti:
400 g di cappone lesso
200 g di noci intere
150 g di formaggio di pecora semi-stagionato io Pecorino Cenerino
150 g di scarola
80 g di scarola riccia
80 g di radicchio di Chioggia
1 finocchio
2 fette di pane raffermo
1 spicchio di aglio
olio extra vergine di oliva
aceto balsamico
sale
pepe nero



Preparazione:
Si taglia a listarelle o a pezzi il cappone lesso. Si tagliano a pezzetti le fette di pane e si mettono in una padella con olio extra vergine di oliva ed uno spicchio di aglio, si fanno tostare.
Si lavano per bene le insalate, il radicchio e il finocchio tagliato a listarelle; si mettono in una ciotola, si unisce il cappone, le noci sgusciate ed il formaggio a dadini. Si emulsionano 3 cucchiai di olio extra vergine di oliva con 1 cucchiai di aceto balsamico, sale e pepe nero. Si versano l’emulsione nell’insalata, si mescola bene e si unisce la dadolata di pane tostato.








lunedì 17 marzo 2014

Pasta al forno con cime di rape


Come ho scritto più volte la pasta al forno mi piace in tutte le versioni con la carne, con le verdure, con il pomodoro o “bianca”; mi piace la crosticina dorata e croccante che si forma.  
La proposta di oggi è con le cime di rapa ripassate in padella ed un sugo all’arrabbiata (tipico delle mie parti) con tanto peperoncino come piace a me.



Pasta al forno con cime di rape



Ingredienti
400 g di rigatoni o altra pasta corta
700 g di cime di rape
500 g di passata di pomodoro
150 g di formaggio morbido di mucca
80 g di Parmigiano Reggiano o Grana Padano
2 spicchi di aglio
peperoncino la quantità in base ai gusti personali
olio extra vergine di oliva
sale


Preparazione:
Si mondano le cime di rape, si lavano bene e si mettono in un’ampia padella con olio extra vergine di oliva, aglio e peperoncino e sale grosso si fanno cuocere coperte a fuoco vivo, fino a far perdere l’acqua di vegetazione. Si taglino a pezzetti

In un tegame si fa imbiondire l’aglio con il peperoncino e olio extra vergine di oliva, si unisce la passata si sala e si fa cuocere per 10 minuti circa.

Si cuoce la pasta in abbondante acqua salata, si scola due minuti prima della cottura indicata nella confezione, si scola per bene.
In una pirofila o una teglia da forno capiente si mette uno strato di sugo, poi si aggiunge una parte della pasta cotta, si ricopre con un po’ di sugo, gran parte delle cime di rapa ed entrambi i formaggi grattugiati; si mette il restante strato di pasta, il sugo, le cime di rapa e i formaggi grattugiati.
Si mette in forno caldo a 200° C per 30 minuti circa, il tempo di gratinare.







venerdì 14 marzo 2014

Torta al cioccolato con olio (extra vergine) d'oliva


La ricetta di questa torta è di Nigella Lawson Chocolate olive oil cake, si trova nel suo libro di ricette ispirate all’Italia Nigellissima: Easy Italian-Inspired Recipes. E’ una tipologia di torta adatta per gli intolleranti ai latticini e ai celiaci, perché non c’è né latte né burro, e al posto della farina si può usare la farina di mandorle. Io ho usato l’olio extra vergine di oliva, invece dell’olio d’oliva, ed ho spolverato la torta una volta fredda, con il cocco rapè.




Torta al cioccolato con olio extra vergine d'oliva






Chocolate olive oil cake da Nigella Lawson, Nigellissima: Easy Italian-Inspired Recipes. Ed il video della puntata di Nigellissima.

Ingredienti per una  tortiera di 22-24 cm (io 20 cm):

150 g farina di mandorle o 125 g  di farina 00  (farina 00)
200 g di zucchero semolato
50 g di cacao amaro in polvere
3 uova
150 ml di olio (extra vergine) di oliva più quello per oliare la teglia
125 ml acqua calda
2 cucchiaini di estratto di vaniglia (1 cucchiaino di Passito di Pantelleria)
½ cucchiaino di bicarbonato di sodio (½ cucchiaino di lievito per dolci)
pizzico di sale

cocco rapè (aggiunta)


Preparazione:
Si setaccia il cacao in una scodella si aggiunge l’acqua calda e l’estratto di vaniglia (io il Passito di Pantelleria), si mescola con una frusta fino ad amalgamare. Si lascia intiepidire.
In un’ampia scodella si versa lo zucchero e l'olio, si mescola un po’ e si aggiunge un uovo per volta per farlo ben incorporare; una volta che sono ben incorporate le uova si amalgama il tutto con uno sbattitore a media velocità per 10 minuti circa, fino ad ottenere un composto spumoso. Poi si aggiunge alternando il cacao disciolto nell’acqua calda e la farina con il bicarbonato (lievito) e il pizzico di sale, si mescola fino a quando non si termineranno tutti gli ingredienti. Si otterrà un impasto piuttosto liquido.
Si unge uno stampo a cerniera con l’olio extra vergine di oliva e si versa il composto. Si mette nel forno caldo a 170° C per 40-45 minuti circa. Farà fede la prova stecchino.
Si lascia raffreddare per 10 minuti e si estrae dallo stampo.

Una volta che si è completamento raffreddato, ho cosparso la superficie di cocco rapè.





mercoledì 12 marzo 2014

Latviešu kāposti


Con l’Abbecedario Culinario della Comunità Europea facciamo tappa in un piccolo stato situato nell'Europa nord-orientale: la Lettonia.
Tra le ricette lettoni ho scelto un contorno che ha come protagonista il cavolo cappuccio, alimento quasi onnipresenza nella cucina lettone, soprattutto in forma di crauti (Sauerkraut); dovuto all'influenza della nobiltà germanica (detti i baroni baltici o Tedeschi del Baltico) presente nel territorio dal Medioevo fino agli anni ‘30 del XX secolo.
Ho trovato varie ricette simili, ma con nomi leggermente diversi (šķovēti kāposti, skābie kāposti) che hanno tutte in comune la caratteristica di essere dolci o agrodolce, per la presenza dello zucchero di canna.
Le ricette prevedono i crauti (Sauerkraut), io invece sono partita dal cavolo cappuccio stufato al vino bianco che ovviamente, non è la stessa cosa dei crauti; il sapore che ne risulta è molto meno acidulo. Nella ricetta a cui ho fatto più riferimento, ci sono anche le mele che mi hanno ricordato piatti simili che si possono trovare in alcune regioni dell’Italia settentrionale (Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, alto Veneto). Detto questo, è venuto fuori un piatto piacevole dal sapore agrodolce.




Crauti con pancetta cipolla e mele




Liberamente tratto da qui e da qui

Ingredienti:
800 g di crauti (Sauerkraut)  io cavolo cappuccio stufato al vino bianco*
100 g di pancetta (io guanciale)
2 mele fuji
2 foglie di alloro
1 cipolla
2 cucchiaini di zucchero di canna
1 cucchiaino di semi di cumino
pepe nero


Preparazione:
Si scolano bene i crauti della loro parte liquida. (* Se non si vogliono usare i crauti, si lava bene il cavolo cappuccio e si taglia a striscioline, si mette in una casseruola, si sala e si fa cuocere coperto a fuoco basso per 30 minuti circa, poi si sfuma con mezzo bicchiere di vino bianco e si copre ancora per 30-40 minuti).
Si tagli a pezzetti la pancetta (io guanciale) si fa scottare in una padella antiaderente per far sciogliere il grasso. In una casseruola si mettono a stufare le cipolle con la pancetta (guanciale), poi si aggiungono i crauti scolati (nel mio caso il cavolo cappuccio stufato), le mele a pezzi, le foglie di alloro, i semi di cumino e lo zucchero. Si aggiunge un bicchiere di acqua e si porta ad ebollizione, poi si abbassa la fiamma e si copre, si fa cuocere mescolando ogni tanto per 1 ora circa. (Se occorre si aggiunge altra acqua e a piacere altro zucchero. Nelle ricette la cottura prevista è di 2 ore e mezza anche 3 ore).


Con questa ricetta partecipo alla raccolta dell'Abbecedario Culinario della Comunità Europea per la cucina della Repubblica Lettone ospitato dal blog Briggis'home.










lunedì 10 marzo 2014

Totani con finocchi, fonduta e polvere di caffè



La ricetta di oggi l’ho tratta dal libro Caffè in cucina a cura di Debora Bionda e Carlo Vischi ricevuto grazie alla vincita del contest di Cinzia ed Elena: Tutti i sapori del caffè, nella sezione ricette salate con i Ravioli di sfoglia al caffè ripieni di zucca.
Il libro Caffè in cucina nasce da un progetto editoriale di Lavazza con l’editore Gribaudo, curato da due esperti di gastronomia Debora Bionda e Carlo Vischi ed ha la prefazione firmata dallo chef catalano Ferran Adrià. Nel libro si possono trovare curiosità sulla scoperta, sull’origine del caffè fino alle quarantotto ricette proposte da ventiquattro chef italiani e non, solo per citare alcuni nomi: Massimo Bottura, Davide Scabin, Igles Corelli, Moreno Cedroni. Le ricette sono corredate dagli abbinamenti dei vini, da pensieri e ricordi legati al caffè, oltre che da belle foto dei piatti. 
Mi sono cimentata - è doveroso dire in punta di piedi - con una ricetta salata di Moreno Cedroni: Totani con finocchi, fonduta e polvere di caffè. Appena l’ho letta mi ha incuriosito l’abbinamento della fonduta e della polvere di caffè ai totani e ai finocchi; provandola, ho constato che hanno dato al piatto oltre a due note di colore anche un sapore e profumo molto gradevole. Non c’erano dubbi!



Totani con finocchi fonduta e polvere di caffè libro Caffè in cucina


Ricetta di Moreno Cedroni tratta da Caffè in cucina  a cura di Debora Bionda e Carlo Vischi, Gribaudo, 2007

Ingredienti:
200 g di totani
300 g di finocchi
5 g di zucchero
5 g di soia
5 g di olio extra vergine di oliva
caffè in polvere
sale

Per la fonduta:
50 g di fontina
1 dl di latte
1 tuorlo

Preparazione:
Si puliscono i totani e si tagliano a julienne. Si lavano i finocchi e si tagliano a fettine, si fanno sbollentarli per 10 secondi, si sgocciolano e si lasciano raffreddare. Si mettono in bicchiere del frullatore 200 g di finocchi con l'acqua, lo zucchero, e un pizzico di sale. Una volta frullato, si passa al setaccio la purea ottenuta. Si condiscono i rimanenti finocchi (100 g) con la soia e l'olio extravergine di oliva.

Per la fonduta si taglia la fontina a dadini e si mette a bagnomaria con il latte. Quando il formaggio sarà sciolto si aggiunge il tuorlo e si amalgama. Si continua la cottura fino a raggiungere la temperatura di 85° C (Io non avendo il termometro, l'ho cotta fino a che non si è addensata un po'). Al termine della cottura si filtra ad un setaccio fine (io non l’ho filtrata) e si lascia raffreddare.

In una padella antiaderente calda si scottano i totani, si salano e si aggiungono ai finocchi.
Su un piatto si fa con un cucchiaio una striscia di fonduta e una striscia di salsa ai finocchi, nel centro si sistemano dei mucchietti di totani e finocchi.  Infine si spolverizza il piatto con caffè in polvere.



Totani con finocchi fonduta polvere di caffè e libro



 

Ringrazio di cuore Cinzia ed Elena.








giovedì 6 marzo 2014

Quanti modi di fare e rifare i Pici all'aglione

Con Quanti modi di fare e rifare siamo andati da Silvia del blog Una stella tra i fornelli per fare un piatto tipico toscano: i Pici all'aglione. Questa tipologia di pasta fatta a mano semplicemente con acqua, farina e un po’ di olio extra vergine di oliva -  che adoro - dalla forma di grandi spaghettoni è molto comune anche nella mia regione, ma ha nomi diversi. E’ una pasta povera tipica della tradizione contadina che nel passato prevedeva nell’“appiciare” l’impasto anche bambini ed anziani.




Pici all'aglione pasta tipica toscana




Per la ricetta rimando al blog Una stella tra i fornelli
Questa è la mia versione.

Ingredienti:

Per la Pasta
200 g di farina 00
100 g di farina di semola rimacinata
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 pizzico di sale
100 ml circa di acqua (dipende dall’assorbimento della farina)


Per il Condimento
400 g  di passata di pomodoro
6 spicchi di aglio
olio extra vergine di oliva
sale
peperoncino

pecorino


Preparazione:
Si setacciano entrambe le farine in una ciotola, si versa l’olio extra vergine di oliva, il sale e si comincia a versare l’acqua un po’ per volta, si lavora incorporando la farina, quando la pasta comincerà a stare insieme si trasferisce sulla spianatoia e si lavora energicamente per almeno 10 minuti, fino ad ottenere una pasta liscia e vellutata. Si copre e si fa riposare per almeno mezz’ora.

Trascorso il tempo si taglia una parte dell’impasto, un dito circa il resto si copre, e si comincia a roteare l’impasto sulla spianatoia con i palmi delle mani formando dei lunghi cordoncini. Si continua man mano con il resto dell’impasto. Una volta tirati i pici, si fanno rotolare nella farina di semola affinché non si appiccichino gli uni agli altri.



Preparazione pici all'aglione




Per il sugo si fa scaldare in un’ampia padella dell’olio extra vergine di oliva con il peperoncino e gli spicchi di aglio interi; si fanno colorire, ma non bruciare. Si aggiunge il pomodoro, si sala e si fa cuocere alcuni minuti il tempo di farlo insaporire.

Si porta abbondante acqua ad ebollizione, prima di versare i pici si aggiungono alcune gocce di olio in modo di non farli attaccare; si fa cuocere per 5 minuti, dopo che sono venuti a galla e l’acqua ha ripreso il bollore. Si scolano grossolanamente, si versano nella padella del sugo, si aggiunge una un po’ di formaggio e un filo di olio extra vergine di oliva, si fanno saltare velocemente per un minuto. S’impiattano e si spolverano a piacere con il formaggio.







Quanti modi di fare e rifare...



Appuntamento al 6 aprile con la


Un’arbanella di basilico










lunedì 3 marzo 2014

Rigatoni al pitale

A Ronciglione località in provincia di Viterbo, ogni anno il lunedì di carnevale i membri de La Società dei Nasi Rossi - maschera tipica ed emblema del carnevale ronciglionese - danno vita alla cosiddetta "Pitalata". I membri sfilano vestiti in camicia da notte bianca, con papalina e il naso rosso, cantando un inno al vino ed offrendo ai passanti pitali colmi di rigatoni conditi col sugo di carne.
La Società dei Nasi Rossi nacque nel 1900 dall'idea di quattro ronciglionesi che decisero di formare la società con lo scopo di far divertire la popolazione nella giornata del lunedì di Carnevale. La maschera del Naso Rosso doveva incarnare l'anima burlona, satirica, sarcastica, dissacratrice e soprattutto godereccia dei ronciglionesi. Con il passare del tempo, il numero dei soci è andato sempre aumentando e si sono anche modificate alcune caratteristiche tipiche; in origine i rigatoni erano serviti con forchette di legno nei pitali, oggi le forchette sono in plastica monouso e i pitali sono realizzati in ceramica imitando gli antichi vasi da notte in cui sono dipinti angoli caratteristici del borgo medievale, tanto da essere oggetti da collezione.

Ronciglione, Sala dei Nasi Rossi, anteriore
Alla maschera dei Nasi Rossi hanno dedicato una Sala nel Palazzo delle Maestranze, sede da alcuni anni delle Arti, dei Mestieri, del Folclore e della Storia di Ronciglione oltre che spazio culturale ed espositivo. Nel progetto di recupero architettonico e decorativo dell’antico edificio seicentesco - terminato nel 2008 - la maschera del Naso Rosso si trova raffigurata nel fregio del soffitto della Sala: mentre esce da un’apertura del fregio con un fiasco di vino in mano e nel collo una fila di salsicce.
Ronciglione, Sala dei Nasi Rossi, posteriore
E mentre entra in un’apertura del fregio mostrando il posteriore con una forchetta in mano con infilzato un rigatone.


Fonti:
Giacinta D'Agostino e Donatella Cerulli, Lazio. I sentieri del gusto e dell'arte, FN Editrice, Regione Lazio, 2004








Pasta con ragù di carne manzo e maiale e timo tipica di Ronciglione



Ingredienti:

Per il sugo
150 g di macinato di manzo
150 g di macinato di maiale
200 g di pelati
1 cipolla dorata
1 carota
1 gambo di sedano
mezzo bicchiere di vino bianco secco
olio extra vergine di oliva
maggiorana
timo
sale
pepe nero


400 g di rigatoni
80-100 g di Parmigiano Reggiano o Grana Padano


Preparazione:
Si trita a coltello la carota, il sedano, la cipolla, si mette il trito in un tegame con olio extra vergine di oliva si aggiunge la maggiorana e il timo, si lascia cuocere a fuoco moderato per 5-8 minuti. Poi si uniscono i due macinati e si lascia cuocere a fuoco vivace per alcuni minuti, il tempo per far colorire la carne. Si sfuma con il vino bianco, si sala, si pepa; si aggiungono i pelati schiacciati con una forchetta si fa insaporire per alcuni minuti. Si copre con un coperchio e si lascia cuocere al fuoco basso per circa 40-50 minuti.
Si cuoce la pasta in abbondante acqua salata, si scola e si unisce il sugo con un po’ di formaggio grattugiato, si manteca e si serve (nel mio caso in una scodella di coccio) con altro formaggio grattugiato.  




Rigatoni tipici del carnevale di Ronciglione









Buon Carnevale!