Da quanti secoli, ogni domenica,
come la messa sugli altari, ricorre il ragù sulle mense napoletane? Fin dalle
primissime ore del mattino un tenero vapore si congeda dai tegami di terracotta
in cui diventa bionda la cipolla ed esala le sue nobili essenze il rametto di
basilico appena colto dal vaso sul davanzale: tanto meglio se le aromatiche
foglioline erano imperlate di rugiada; il cielo di Napoli presiede anche in
altri modi alle sorti del ragù, perché il ragù non si cuoce, ma si consegue,
non è una salsa, ma la storia e il romanzo e il poema di una salsa.
Dal momento in cui il tegame
viene deposto sul fornello e la cucchiaiata di strutto dubita, si commuove e
slitta cominciando a fondersi, fino al momento in cui il ragù è veramente pronto,
tutto può succedere e può non succedere a danno o a vantaggio di questa
laboriosissima salsa che impegna chi lo prepara come un quadro impegna il
pittore.
In nessuna fase della sua cottura
il ragù deve essere abbandonato a se stesso; come una musica interrotta e
ripresa non è più una musica, così un ragù negletto cessa di essere un ragù e
anzi perde ogni possibilità di diventarlo; la persona che per qualche minuto ha
l'aria di non occuparsi del ragù a cui accudisce è solamente un virtuoso della
sua arte; gli piace ostentare fiducia nei suoi eccezionali mezzi: finge, finge.
Ricordo don Ernesto Acampora, il commerciante don Ernesto Acampora, famoso nel rione Mercato e forse in tutta Napoli per i suoi eccelsi ragù.
[…]
Egli gradua il fuoco e sorveglia
ogni cosa; sente gli umori che si sciolgono, l'acqua che abbandona in vapore la
carne e quella che diluisce o assimila i grassi, confortandone il bruciore;
sente l'arrosolatura; sente l'attimo in cui con il cucchiaio di legno bisogna
rivoltare il pezzo di carne, o, con la delicatezza di chi agisce in una viva e
sensibile materia, spalmarvi il primo velo di conserva.
Qui don Ernesto ha i gesti gravi
e assorti di un officiante; egli non cuoce, ma celebra il ragù.
[...]
Ora, immessa la conserva a
scientifici intervalli, l'ultima lunghissima parola è al fuoco e al cucchiaio.
Il ragù non bolle, pensa; bisogna
soltanto rimuovere col cucchiaio i suoi pensieri più profondi e aver cura che
il fuoco sia lento, lento. Nulla induce alla riflessione come l'accudire a un insigne ragù...
Giuseppe Marotta, Il
Ragù da L'oro di Napoli, 1947.
Il ragù è presente in gran parte
della letteratura napoletana, ma per me questi passi tratti dalla novella Il ragù da L’oro di Napoli di Giuseppe Marotta, descrivono
in maniera esemplare la preparazione di questo caposaldo della cucina
napoletana.
Questo mese grazie all’iniziativa
di
Quanti modi di fare e rifare e al
blog
Babà che bontà il Ragù
napoletano è protagonista insieme agli
Strangulaprievet' (strangulapriévete), vale a dire degli gnocchi di farina, acqua e
sale.
Interessante è l’origine del nome
di questa pasta che secondo alcune fonti deriverebbe da un aneddoto che ha come
protagonista l’abate Ferdinando Galiani, grande estimatore di questi gnocchi,
che un giorno per la sua ingordigia nel mangiarli rischiava di strozzarsi, da qui il nome.
Per altri fonti, invece, il nome
deriverebbe dalla lingua greca, più precisamente dal modo di lavorare la pasta.
Come scrive uno dei massimi esperti di linguistica e cultura napoletana
Raffaele Bracale: la prima parte della parola strangula deriva dal verbo greco strongulóo (arrotolare - attorcere), mentre la seconda parte priévete deriva dal verbo greco preto (comprimere - incavare).
Fonti:
Come ogni ricetta tradizionale ci
sono tante varianti, che cambiano da casa a casa. In modo particolare per il
ragù esistono dibattiti sulla
tipologia e tagli di carne da usare, chi è favorevole alla presenza della carne del maiale chi no. Quindi,
mi avvicino a questo caposaldo della cucina napoletana in punta di piedi, scusandomi in anticipo con i napoletani, per la mia versione alleggerita.
Ragù napoletano
Ingredienti:
300 g di bovino in un unico pezzo (spalla o pezza)
3 fettine di bovino (fracosta)
3 piccole costine di maiale
1 litro di passata di pomodoro
mezzo bicchiere di vino rosso secco
30 g circa di pecorino romano
2 spicchi di aglio
1 cipolla grande
1 ciuffo di prezzemolo
olio extravergine vergine di oliva
sale
pepe nero
Preparazione:
Si battono leggermente le fettine
di carne, si pepano, si mette ad ognuno pezzettini di aglio, prezzemolo e di
pecorino romano. Si arrotolano e si chiudono con gli stuzzicadenti.
Si taglia a pezzetti la cipolla e
si mette in un tegame possibilmente di coccio, o comunque con fondo spesso, con
l’olio extra vergine di oliva, si fa imbiondire a fuoco moderato, poi si
aggiungono gli involtini, il pezzo di carne intero e le puntine di maiale. Si
fa colorire la carne a fuoco moderato, per circa un’ora, girandola spesso, non
deve bruciare. Poi si irrora con il vino e si lascia sfumare completamente, si
pepa. Si aggiunge la passata di pomodoro, si copre e si lascia cuocere a fuoco
molto basso per minimo 5 ore, girando di tanto in tanto.
Il ragù sarà pronto quanto sarà denso.
Il tempo di preparazione è molto
lungo, conviene prepararlo il giorno prima. Come dicono i napoletani più si
lascia riposare è più risulterà buono.
Strangulaprievet'
Ingredienti:
200 g di farina 0 o semola di grano duro
1 bicchiere scarso di acqua
pizzico di sale
Preparazione:
Si unisce alla farina un po’ di
acqua per volta e un pizzico di sale, si lavora fino a che risulterà ben
amalgamato e sodo. Si fa riposare minimo 15 minuti. Passato il tempo si versa
un velo di farina , si divide la pasta in più parti e si formano dei
cordoncini grossi più o meno un dito si tagliano a pezzetti. Con l’aiuto
dell’indice si fa una leggera pressione facendoli scivolare quasi roteare sulla
spianatoia infarinata, in modo da formare un incavo al centro. Si lascia
riposare.
Si fanno cuocere in abbondante
acqua salata e con un goccio di olio. Appena vengono a galla si scolano
con la schiumarola e si versano in una zuppiera con il ragù, si condiscono con
un po’ di pecorino romano o parmigiano. S’impiatta e si aggiunge il ragù e si
polvera con il pecorino o parmigiano
Quanti modi di fare e
rifare...
Appuntamento al 6 maggio
con
Il laboratorio di
mmskg