Siete mai entrati nella cucina di
un ristorante in piena operatività? Si va, si viene, ci si sfiora, come in un
autoscontro ma senza la possibilità e il divertimento di rimbalzare uno addosso
all'altro: se ti scontri, si sbagascia tutto. È un continuo strappo di brevi
urla che portano comande. Quando il servìzio è entrato nel vivo, Attilio ha
preso in mano la situazione, come faceva sempre quando non c'era mio padre.
Tutti si muovevano rapidi ed efficienti.
Tutti, tranne me. Li guardavo
affascinato, appoggiato al mio spicchio di bancone, quando Attilio si è rivolto
proprio a me.
«Prepara un soffritto di
topinambur.»
Dopo, nei mesi successivi, ho
scoperto che i ragazzi della cucina mi chiamavano "Mister
Topinambur".
Ho afferrato una padella
qualsiasi e l'ho messa su un fornello, rimanendo lì a fissarla come intontito.
Ho capito, in quel momento, che non sapevo di cosa parlava, ho compreso
l'enormità dell'equivoco.
«Olio, poi fai imbiondire
l'aglio, aggiungi lo scalogno...» mi ha sussurrato Attilio, cercando di non far
catalizzare l'attenzione della cucina su di me. Ma tutti, ormai, mi stavano
guardando.
Ho messo l'olio nella padella e
ho cominciato a tagliuzzare l'aglio su un tagliere. La mia velocità di
esecuzione doveva essere estremamente ridotta perché una mano, gentilmente, mi
ha spinto di mezzo metro più in là.
«Scusi...»
Un cuochetto con lo sguardo
imbarazzato mi ha sorriso. Neanche il tempo di meravigliarmi per quanto fosse
bravo con il coltello, e aveva già preparato quello che spettava a me.
Il suo intervento, se da un lato
è stato umiliante, dall'altro mi ha salvato da una figuraccia ben peggiore.
Non avevo, infatti, la più
pallida idea di cosa fosse un topinambur.
Roberto Perrone, La cucina degli amori impossibili, 2013
Ho preso spunto dal romanzo del giornalista
e scrittore Roberto Perrone, La cucina
degli amori impossibili, per il post di oggi. Il romanzo è ambientato in Liguria,
racconta la rivalità di due famiglie di ristoratori i Cavasso ed i Maggiorasca
e la nascita dell’amore dei loro rispettivi figli: Augusto Cavasso giocatore, a
fine carriera, di basket in America e di Rossella Maggiorasca chef in un
ristorante a Boston. L’incontro e l’attrazione nascono in aereo al rientro in
Italia di entrambi: Augusto per la morte del padre e portare avanti l’eredità del
ristorante; Rossella richiamata dal padre per affiancarla al ristorante al fine
di ottenere la desiderata terza stella.
Come il protagonista del romanzo Augusto
Cavasso, fino a pochi anni fa non avevo la più pallida idea di cosa fosse un
topinambur, una volta scoperto ho apprezzato il sapore che ricorda il mio amato
carciofo. Oggi lo propongo come vellutata ed ho aggiunto, per guarnire alcune
foglie arrotolate di cavolo nero ripassato in padella.
Ingredienti:
500 g di topinambur
1 patata piccola
1 cipolla dorata media
1 cucchiaio di farina bianca
40 g di formaggio a pasta morbida
30 g di burro
500 ml circa di brodo vegetale
125 ml di latte intero
sale
pepe nero
200 g di cavolo nero ripassato in padella (opzionale)
Preparazione:
Si pela e si taglia il topinambur,
si mette in una casseruola con il burro, la cipolla tagliata a fettine e la
patata tagliata a tocchetti, si fa cuocere per 2 minuti circa, si stempera la
farina si fa tostare leggermente e si aggiunge un mestolo di brodo e si fa
cuocere coperto per 10 minuti circa, si aggiunge altro brodo e il formaggio
tagliato a tocchetti e si continua la cottura fino a che il topinambur e la
patata saranno morbidi e il formaggio si sarà sciolto. Si aggiunge il latte e
si fa sobbollire per qualche minuto. Si frulla il tutto ottenendo una crema
liscia. Si mette in delle scodelle, si aggiunge a piacere alcune foglie di
cavolo nero arrotolate ed un filo di olio extra vergine di oliva.