E’ uno dei quei primi veloci e
saporiti che in genere mettono d’accordo tutti, sto parlando degli spaghetti
alla puttanesca. L’origine del piatto e del nome è dibattuta, così come la
paternità chi dice laziale chi campana; sembra che la differenza si deve alla
presenza delle alici che nella ricetta laziale sono previste mentre in quella
campana no.
Ma veniamo al nome così particolare, Arthur Schwartz in Napoli a tavola: la cucina della Campania (Naples
at Table: Cooking in Campania) scrive che nacque all’inizio del 1900 in una
casa di appuntamenti nei Quartieri Spagnoli; il proprietario per rifocillare i
suoi ospiti forniva questo piatto rapido e saporito. Jeanne Carole Francesconi
in La cucina napoletana, invece, scrive che sembra nato ad Ischia negli anni
Cinquanta per opera del pittore napoletano Eduardo Colucci. Il pittore con il
fratello Vincenzo si trasferirono negli anni Quaranta sull’isola a Villa Rosica,
dove era solito accogliere artisti, letterati scrittori, registi ed
improvvisava cenette con questo piatto che inizialmente lo denominò “alla
marinara” poi mutò il nome in “alla puttanesca”. Tuttavia secondo la
testimonianza raccolta da una giornalista napoletana Anna Maria Chiariello, a
rivendicare l’origine e il nome del piatto è il nipote del pittore Colucci: l’architetto
Sandro Petti, proprietario nell’isola del locale Rangio Fellone e di altri locali famosi all’epoca. Sembra che il
piatto sia nato alle quattro del mattino per rifocillare degli amici affamati
che gli chiedevano di cucinare qualcosa utilizzando l’espressione una
“puttanata qualsiasi”. Sandro Petti, così, mise insieme: spaghetti, aglio,
olio, pomodori, olive, capperi e tanto prezzemolo, nacque il piatto “pasta alla
puttanata”. Piacque così tanto che pensò di inserirlo nel menù del suo locale,
ma non gli sembrò carino chiamarlo alla “puttunata” così coniò il nome “puttanesca”.
Prima di chiudere voglio aggiunge
la versione sull’origine del nome data dal cameriere ciociaro che lavora in un
ristorante italiano a Londra nel film Spaghetti
House. C’è una scena in cui il cameriere Domenico Ceccacci interpretato da
Nino Manfredi, prima della chiusura del ristorante prepara il piatto spiegando
ai compagni l’origine del nome. Ecco la sua versione:
A parte la paternità e l’origine del
nome, quella che propongo è ciò che ho letto
qui (da cui ho tratto gran parte
delle
fonti), che è sostanzialmente
la ricetta che conosco con la presenza delle alici e del peperoncino.
Ingredienti:
400 g di spaghetti o vermicelli
12 pomodori spunzilli freschi o in inverno pomodorini del piennulo (io pomodoro Piccadilly in estate o pelati in
inverno)
2 filetti di alici sott’olio
(io 4 filetti di alici)
2 spicchi d’aglio
2 cucchiai di capperi sotto sale
20 olive nere di Gaeta
prezzemolo
peperoncino
olio extravergine di oliva
Preparazione
In una grande padella si fa
imbiondire l’aglio in olio extra vergine di oliva, si aggiungono le alici e si
fanno sciogliere a fuoco basso, si toglie la padella dal fuoco e si aggiungono
i capperi dissalati, le olive snocciolate e il peperoncino. Si rimette sul
fuoco e si aggiungono i pomodori “rigorosamente aperti con le mani”. Si fa
cuocere a fuoco alto per 6-7 minuti.
Nel frattempo si fa cuocere la
pasta in abbondante acqua di cottura, una volta cotta con l’aiuto di un
forchettone si trasferisce nel sugo; si fa saltare per un minuto e si aggiunge
il prezzemolo tritato.