venerdì 29 maggio 2015

Spigola all'acqua pazza

Lo spunto per questo piatto viene dal film di Paolo Sorrentino del 2001, L’uomo in più; narra la storia di due omonimi Antonio Pisapia che passano dall’apice del successo delle rispettive carriere al declino. Uno detto Tony è un cantante napoletano, cinico, molto esuberante e dai modi esagerati; l’altro è un calciatore di serie A natio di Narni Scalo, dal carattere introverso, malinconico e sognatore. Le loro vite si svolgono parallele per poi sfiorarsi in una Napoli degli anni Ottanta fino alle drammatiche conclusioni.
Il cantante napoletano interpretato da Toni Servillo, ama il pesce ben cucinato, adora in particolare la spigola all'acqua pazza che ricorre spesso nel film e sarà presente nell’ultima scena preparata da lui stesso in carcere (vista mare), tanto da meritarsi un applauso dai compagni di cella per la bontà.

Il nome e l’origine del piatto sembra che provenga dai pescatori di Ponza che, mentre cucinavano il pesce in barca, vedendo l’acqua nella teglia muoversi all’impazzata per via del moto ondoso, chiamarono la preparazione “all’acqua pazza”.
L’ho servita sfilettata con un filo di olio extra vergine di oliva e prezzemolo tritato, e l’accompagnata da due crostini tostati conditi con il liquido di cottura della spigola.





Spigola all'acqua pazza



Ingredienti:

4 spigole medie pulite
150 g di pomodorini o 300 g di pelati
3 spicchi d’aglio
500 ml circa di acqua
prezzemolo
origano
peperoncino
olio extra vergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:

Si puliscono e si squamano bene le spigole, si salano e si pepano l’interno. In una larga padella che può contenere le spigole, si fanno imbiondire gli spicchi di aglio in olio extra vergine di oliva con il peperoncino, si aggiungono i pomodorini, si sala e si spolvera con l’origano. Si fanno cuocere per alcuni minuti, poi si aggiunge l’acqua, si porta ad ebollizione e si aggiungono le spigole, si abbassa la fiamma e si coprono, si fanno cuocere per 20 minuti circa. Si spolverano con un po’di prezzemolo tagliuzzato.



Spigola all'acqua pazza








mercoledì 27 maggio 2015

Gelatina di cedro

Filippo Napoletano (attribuito),  Natura morta con un cedro
Filippo Napoletano (attribuito),  Natura morta con un cedro
(1620-1629)
Firenze, Galleria degli Uffizi, Depositi
Come si può vedere nel blog ho una passione per le nature morte, spesso, nei mie “vagabondaggi” artistici, quando mi capitano di vedere i quadri con i frutti vengo sempre catturata da quelli presenti i cedri; sarà per il fatto che non li vedo nei banchi dei mercati, mi danno l’idea di un frutto raro e prezioso la cui testimonianza artistica ne dona ancora più valore. Il quadro in questione n’è un esempio, rappresenta un cedro dalla buccia spugnosa posto su una lastra di pietra, sullo sfondo si nota un paesaggio al tramonto sul quale spicca il colore giallo oro dell'agrume. Il dipinto è stato attribuito a Filippo Napoletano per via della somiglianza con un quadro che raffigura Due cedri a grandezza naturale osservati da due punti di vista, conservati oggi al Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze.

Filippo Napoletano, Due Cedri
Filippo Napoletano, Due Cedri
Firenze, Sezione Botanica, Museo di Storia Naturale, Università di Firenze



Quest'ultimo era stato realizzato insieme con altre nature morte nel 1618 per il granduca Cosimo II Medici che, oltre a collezionare dipinti dei seguaci di Caravaggio, era interessato di scienze naturali ed aveva commissionato a vari pittori quadri di fiori, frutta ed altri prodotti della terra in particolare delle sue ville urbane e suburbane. I quadri, infatti, uniscono il gusto caravaggesco agli interessi scientifici naturalistici che Filippo Napoletano apprese durante il soggiorno romano nel 1614-1617.

A parte questa divagazione artistica, con enorme sorpresa alcuni mesi fa insieme ai limoni mi hanno regalato anche alcuni cedri, con uno ho realizzato questa sorta di crema o gelatina degli altri parlerò prossimamente. Da tempo avevo riposto una ricetta di una crema di limone senza uova, latte e farina, composto solo di acqua, amido di mais ed ovviamente zucchero. Ho voluto provarla con la buccia ed il succo di un cedro, non so se sia più giusto chiamarla crema o gelatina per via della consistenza, a parte il nome è ottima per chi ama il gusto ed il profumo agro-amaro di cui il cedro è protagonista.




Gelatina di cedro






lunedì 25 maggio 2015

Spaghetti all'Ungaretti

Il porto sepolto
Mariano il 29 giugno 1916


Vi arriva il poeta
E poi torna alla luce con i suoi canti
E li disperde

Di questa poesia
Mi resta
Quel nulla
Di inesauribile segreto.

Giuseppe Ungaretti, Il porto sepolto




 Nella rivista La cucina italiana c'è una rubrica chiamata “Ieri e Oggi” che rivisita e mette a confronto ricette tratte da vecchi numeri del mensile. Nel numero di ottobre del 2014, si faceva riferimento ad una rubrica chiamata "Personaggi nella loro casa" del 1963, dove l’intervistatore Marin San Sile dialogava con il grande poeta Ungaretti allora settantenne. Nell’intervista emerge che il poeta amava il vino ed il cibo semplice e si fa riferimento a questa ricetta di sua creazione, dove si evidenzia per l’appunto la semplicità, l’essenzialità e l’intensità, caratteristiche della sua arte. Sono degli spaghetti conditi con burro, parmigiano e profumati da un pizzico di noce moscata e cumino ed insaporiti dall’aggiunta di pangrattato.
La ricetta di Ungaretti è stata messa a confronto con una rivisitazione attuale eseguita nella cucina della redazione; io ho seguito parzialmente la grammatura della ricetta originale del poeta, ma nell’esecuzione ho seguito i consigli della ricetta rivisitata, anche se, ho preferito tostare una parte di semi di cumino con il pangrattato.



Spaghetti all'Ungaretti




Ingredienti:

400 g di spaghetti
80 g di burro
40 g di parmigiano grattugiato
un cucchiaio di pangrattato (3 cucchiai di pangrattato)
pizzico di cumino (1 cucchiaio raso di semi di cumino)
pizzico di noce moscata
sale
pepe nero (aggiunta)


Preparazione:

Si fa tostare il pangrattato in un padellino, si aggiungono mezzo cucchiaio di semi di cumino, una volta tostati si mette da parte. Si fanno cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, nel frattempo si fa sciogliere il burro lentamente, si aggiunge un mestolo di acqua di cottura della pasta e piano si spolvera con il parmigiano, si aggiunge il restante cumino, la noce moscata ed il pepe (mia aggiunta), si mescola a formare una cremina. Si trasferiscono gli spaghetti nella padella con la cremina, si gira energicamente, se occorre si aggiunge altra acqua di cottura. S’impiattano e si aggiunge su ogni porzione il pangrattato tostato con il cumino. 




venerdì 22 maggio 2015

Cavatelli con fagioli e cozze

L’abbinamento legumi e molluschi mi piace molto; il piatto che secondo me esprime meglio questa unione sono i fagioli con le cozze, se in più si aggiunge una pasta fatta a mano come i cavatelli si ha un primo piatto ottimo.


Cavatelli con fagioli e cozze



Ingredienti:

1 kg di cozze fresche
200 g di fagioli borlotti secchi
150 g di passata di pomodoro
olio extra vergine di oliva
1 spicchio di aglio
1 ciuffo di prezzemolo
peperoncino
sale


Per la pasta

200 g di farina 00
100 g di semola rimacinata di grano duro
120-150 ml circa di acqua (dipende dall’assorbimento della farina)



Preparazione:

Il giorno prima si mettono in ammollo i fagioli. Il giorno dopo si mettono in un'ampia casseruola, si coprono con l’acqua fredda e si fanno cuocere dal bollore per minimo un’ora e mezza.

Si puliscono le cozze, si mettono in un’ampia pentola si coprono e si fanno aprire. Si filtra il liquido delle cozze e si divide il guscio dalle valve, si tiene qualcuna intera. 


Per la preparazione dei cavatelli. In un’ampia ciotola si setacciano le farine, si aggiunge a poco a poco l’acqua; si lavora un po’ e poi si trasferisce su una spianotia infarinata. Si impasta fino ad ottenere un composto compatto e liscio; si copre e si lascia riposare per mezz’ora.
Passato il tempo di riposo della pasta si taglia in più parti, si formano dei cordoncini e si tagliano a pezzetti di circa 1-2 cm. Su ogni pezzo si fa una pressione con l’indice facendoli scivolare sulla spianatoia infarinata, in modo che formano un incavo al centro. Si lasciano riposare.


Nella padella si fa imbiondire l’aglio in olio extra vergine di oliva e il peperoncino, si unisce la passata di pomodoro e dopo 5-10 minuti un po’ di liquido delle cozze filtrato, poi si uniscono i fagioli cotti scolati, alcuni si passano al passaverdura per dare maggiore densità, e pian piano si aggiunge il restante liquido delle cozze. Si lascia cuocere per 10-15 minuti.

Nel frattempo si porta abbondante acqua ad ebollizione, prima di versare i cavatelli si aggiungono alcune gocce di olio in modo di non farli attaccare; si versano i cavatelli e si fanno cuocere per pochi minuti, il tempo di farli venire a galla e di far riprendere il bollore dell’acqua.

Nella padella con i fagioli si uniscono le cozze anche quelle non sgusciate, poco dopo si aggiungono i cavatelli scolati e si lascia insaporire.

Si servono con un filo d’olio extra vergine di oliva e prezzemolo tritato grossolanamente con le mani. 



Cavatelli con fagioli e cozze, particolare






mercoledì 20 maggio 2015

"Tiramisù" alla panna, ricotta, gocce di cioccolato e cocco rapè

Avevo della panna fresca da consumare e dei savoiardi in dispensa, mi sono ricordata di un Tiramisù senza uova e senza mascarpone di Claudia, ricetta a sua volta presa da Cristina. Io ho aggiunto le gocce di cioccolata all’interno, ho aromatizzato il caffè con il Rum ed ho spolverato l’ultimo strato con un po’ di cocco rapè. E’ risultato ovviamente più leggero del classico Tiramisù, anche per via della ricotta di mucca, ma il gusto è ottimo ed è ideale da consumare anche nei periodi più caldi.



"Tiramisù" alla panna, ricotta, gocce di cioccolato e cocco rapè



Ingredienti: 

per 6-8 coppe

24  biscotti savoiardi
400 ml di panna fresca da montare
250 g di ricotta di mucca
3 cucchiai di zucchero semolato
due tazzine di caffè amaro
1 cucchiaio di Rum
40 g di gocce di cioccolato
cacao amaro
cocco rapè


Preparazione:

In una ciotola si setaccia la ricotta e si unisce lo zucchero, si lavora con una frusta fino a renderlo soffice e spumoso, si aggiungono le gocce di cioccolato.
In una ciotola fredda si monta bene la panna; s’incorpora un po’ per volta al composto di ricotta.
In un piatto fondo si mette il caffè freddo, il Rum ed un cucchiaio di acqua. S’inizia a comporre le coppe: sul fondo si mette un po’ del composto di ricotta e panna, poi il savoiardo leggermente imbevuto nel caffè e Rum, un altro strato della crema di ricotta e così via. L’ultimo strato sarà con il composto di ricotta. Si spolvera la superficie prima con il cacao amaro, poi con il cocco rapè.
Si coprono le coppe con la pellicola per alimenti; si mettono in frigo per almeno due – tre ore.







lunedì 18 maggio 2015

Spaghetti con crema di patata, curcuma e guanciale croccante

Dall’aspetto potrebbe sembrare una carbonara, in realtà dell’uovo non vi è traccia; a dargli quel colore giallo oro è semplicemente una crema di patata condita dalla curcuma e qualche filo di erba cipollina. A finire il piatto un po’ di guanciale croccante.



Spaghetti con crema di patata, curcuma e guanciale croccante


Ingredienti:

400 g di spaghetti
200 g di guanciale
1 patata media bollita
1 cucchiaino di curcuma
qualche filo di erba cipollina
pepe nero
olio extra vergine di oliva

Parmigiano Reggiano o Grana Padano a piacere


Preparazione:

Si fa scaldare una grande padella si fa sciogliere il guanciale tagliato a listarelle, una volta cotto si trasferisce in una padella e si mette da parte. Nel frattempo in un mixer si mette la patata bollita, la curcuma, l’erba cipollina e un filo di olio extra vergine di oliva, si riduce a crema, si sala e si pepa.
Si fanno cuocere gli spaghetti in abbondante acqua salata, si aggiunge un mestolo di acqua di cottura della pasta nella crema di patata e si mescola. Si trasferiscono gli spaghetti nella padella in cui è stato fatto sciogliere il guanciale, si aggiunge la crema di patate e se occorre si aggiunge anche un po’ di acqua di cottura della pasta, si fa saltare per un minuto. S’impiatta si aggiunge una spolverata di formaggio e le listarelle di guanciale croccante.





giovedì 14 maggio 2015

Sfincione alla bagherese
"Sfinciuni" con la cipolla e l'origano

Chissà chi ha lasciato questo quaderno dalla fodera marmorizzata in biblioteca. Che l'abbia portato il fratello Signoretto da Londra? ne è tornato qualche mese fa e due volte è venuto a trovarli a Bagheria con dei doni inglesi. Ma questo quaderno non l'ha mai visto. Che sia stato dimenticato dall'amico di Mariano, quel giovanotto piccolo e corvino, nato a Venezia da genitori inglesi e che ha girato mezzo mondo a piedi
Era rimasto qualche giorno a Bagheria dormendo nella camera di Manina. Un tipo insolito: si alzava a mezzogiorno perché passava la notte a leggere. Le lenzuola si trovavano la mattina imbrattate di cera. Prendeva i libri in biblioteca e poi si dimenticava di riportarli indietro. Accanto al letto si era formata una pila alta un braccio. Mangiava molto, era goloso delle specialità siciliane: caponata, pasta con le sarde, “sfinciuni" con la cipolla e l'origano, gelati al gelsomino e allo zibibbo.
Tutto nero di capelli aveva però la pelle chiarissima e bastava un poco di sole per sbucciargli il naso. Ma come si chiama  Dick o Gilbert o Jerome? non riesce a ricordare. Perfino Mariano lo chiamava col cognome: Grass e lo pronunciava con tre esse.
Sicuramente quel quadernetto era appartenuto al giovane Grass che veniva da Londra e andava a Messina in un viaggio di "ragionamento" come diceva lui.

Dacia Maraini, La lunga vita di Marianna Ucrìa, Milano, Rizzoli, 1990



Lo Sfincione è un lievitato dall’aspetto alto con una mollica morbida e bordi croccanti. Quello bagherese è ricoperto da cipolle stufate, alici, tuma fresca, pecorino o caciocavallo, mollica di pane, origano ed olio extra vergine e si distingue da quello palermitano per essere in bianco, senza pomodoro.
La parola sfincione secondo alcuni deriva dal latino “spongia” e dal greco “spòngos” ovvero spugna, riferendosi all’impasto spugnoso, inoltre nel dialetto siciliano il termine “sfincia” è usato per indicare qualcosa di morbido e soffice.
Lo spunto per questa specialità siciliana mi è venuto leggendo il passo riportato de La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini. Il romanzo ambientato in Sicilia nella prima metà del Settecento racconta la storia di Marianna Ucrìa figlia sordomuta di una nobile famiglia parlemitana, che appena tredicenne è costretta a sposarsi con lo zio materno. La protagonista che solo dopo quattro anni di matrimonio ha avuto già tre figli, si rifugerà nella villa di Bagheria passando giornate intere a leggere ed a scrivere, sviluppando una sensibilità ed una visione del mondo lontana da quella del suo tempo e del suo rango, tanto che la porterà ad essere amata dalla servitù e dai contadini che lavorano per la famiglia. Proprio nel suo rifugio preferito la biblioteca, la protagonista trova un quaderno dalla fodera marmorizzata del filosofo David Hume portato dal giovane ospite inglese Grass, e ricordandolo ne menziona la grande passione per la cucina siciliana e le sue specialità tra cui lo "Sfinciuni" con la cipolla e l'origano.




Sfincione alla bagherese






martedì 12 maggio 2015

Braciola di coppa di suino ricoperta di patate alle erbe aromatiche

Sono delle braciole di coppa di suino cotte al forno ricoperte di patate grattugiate (una sorta di rösti), condite con un trito di aglio ed erbe aromatiche quale: timo, rosmarino, salvia ed alloro ed ovviamente mescolate all’olio extra vergine di oliva.



Braciola di coppa di suino ricoperta di patate alle erbe aromatiche





Ingredienti:

4 braciole di coppa di suino
4 patate medie
1 spicchio di aglio
timo
rosmarino
salvia
alloro
olio extra vergine di oliva
sale
pepe nero


Preparazione:

Dopo aver lavato e pelato le patate si grattugiano con un tagliaverdure; si condiscono con sale, pepe nero, olio extra vergine di oliva ed un trito grossolano di aglio, timo, rosmarino, salvia ed alloro.

Si oleano leggermente le braciole di coppa di suino, si pepano e si mettono su una placca da forno ricoperta da carta forno, sopra ognuna si depositano le patate grattugiate; s’irrorano con un filo di olio extra vergine di oliva e s’infornano a forno caldo a 200° C per 40-50 minuti dipende dal forno, fino a che risulterà il tutto cotto.





domenica 10 maggio 2015

Quanti modi di fare e rifare gli Gnocchi di fagioli

Con Quanti modi di fare e rifare questo mese siamo andati nella cucina di Solema per fare gli Gnocchi di fagioli, una ricetta ispirata da Marco Bianchi.
Io al posto della farina integrale ho utilizzata la semola rimacinata di grano duro e la farina 00 per lo spolvero. Bisogna fare attenzione al dosaggio della farina, perché se è troppa gli gnocchi risulteranno duri, se invece è troppo poca si scioglieranno in cottura. A parte questo, li ho conditi con alici e pomodori secchi sott’olio, ottimi!




Gnocchi di fagioli con alici e pomodori secchi



Ingredienti:


Per gli gnocchi

250 g di fagioli cannellini lessati
65-80 g circa di semola rimacinata di grano duro (dipende dall’assorbimento della crema di fagioli)
farina 00 per la spianatoia
sale



Per il condimento

4-5 pomodori secchi sott’olio
3 alici sott’olio
timo
erba cipollina
olio extra vergine di oliva
pepe nero


Preparazione:

Si mettono nel mixer i fagioli in precedenza cotti, si mette un pizzico di sale e si riducono a crema.
Su una spianatoia si mette un po’ di farina si versa la crema di fagioli e si aggiunge un po’ alla volta la semola rimacinata di grano duro e si lavora fino ad avere un composto omogeneo e abbastanza sodo. Si formano dei rotolini e si tagliano in tanti parti.


Gnocchi di fagioli



Si porta ad ebollizione l’acqua e si buttano gli gnocchi, appena arrivano a galla e l’acqua riprende il bollore si scolano.
Nel frattempo in una padella si mettono le alici, il timo e l’olio extra vergine di oliva si fanno sciogliere un po’ si versano gli gnocchi e si aggiunge un po’ di acqua di cottura si fanno saltare per un minuto. S’impiattano e si aggiunge listarelle di pomodori secchi e l’erba cipollina tagliuzzata.








Quanti modi di fare e rifare...


Quanti modi di fare e rifare...

Appuntamento al 14 giugno con











venerdì 8 maggio 2015

Calamari su crema di piselli e pinoli

I calamari sono tagliati nel senso della lunghezza ed incisi in obliquo, poi scottati da entrambi i lati. Sono adagiati su una crema di piselli, patata e pinoli. 




Calamari su crema di piselli e pinoli



Ingredienti:

2 calamari puliti
250 g di piselli cotti in precedenza
1 patata piccola bollita
30 g di pinoli
olio extra vergine di oliva
pepe nero
sale


Preparazione:

In un boccale del mixer si mettono i piselli cotti in precedenza, la patata bollita, i pinoli, l'olio extra vergine di oliva, il sale ed il pepe nero. Si frulla il tutto fino ad ottenere una crema.
Si aprono i calamari nel senso della lunghezza, si fanno delle incisioni non profonde in obliquo prima da un lato e poi dall’altro; infine si tagliano in strisce di 3-4 cm.
Si fa riscaldare una padella, si mette un filo di olio extra vergine di oliva, si depositano le strisce di calamari dalla parte senza tagli. Si scottano per alcuni minuti da una parte dall’altra.

Si mette un po’ di crema di piselli su un piatto, sopra si depositano le strisce di calamaro scottato, si aggiunge un filo di olio extra vergine di oliva ed una spolverata di pepe nero.



mercoledì 6 maggio 2015

Il ciambellone soffice al cacao e caffè

Il ciambellone soffice di Adealaide Melles dall'effetto marmorizzato, l’ho provato e riprovato varie volte; è un dolce semplice e leggero perché preparato con l’acqua al posto del latte, ideale per fare la colazione. Questa volta ho aggiunto oltre al cacao in polvere anche due cucchiai di caffè amaro preparato con la caffettiera, che ha donato un sentore di caffè a me molto gradito.




Il ciambellone soffice al cacao e caffè





Per la ricetta originale rimando al blog di Adelaide Melles Diario di una passione

Ingredienti:

Per uno stampo a ciambella di 24 cm di diametro

250 g di zucchero
250 g di farina 00
3 uova
130 g di olio extra vergine di oliva leggero
130 g di acqua  
2 cucchiai di cacao amaro in polvere
2 cucchiai di caffè amaro preparato con la caffettiera
qualche goccia di Rum
1 bustina di lievito


Preparazione:

Si sbattano le uova con lo zucchero, fino a farle diventare spumose; si aggiunge l'olio, l'acqua, il Rum, la farina ed il lievito setacciati. Si mescola per bene il tutto, dovrà essere un composto piuttosto liquido.
S’imburra uno stampo a ciambella, si versa 3/4 del composto, nel rimanente si aggiungono due cucchiai di cacao amaro in polvere, e due cucchiai di caffè amaro; si mescola bene e si versa sul composto bianco. Con un coltello si fanno dei centri concentrici per far venire l'effetto marmorizzato. Si cuoce in forno caldo a 180° C per circa 40 minuti, farà fede la prova stuzzicadenti.
Si sforna e si lascia raffreddare per 5 minuti, poi si sforma e si lascia raffreddare del tutto.







lunedì 4 maggio 2015

Jàcculi al pesto Sabinese

Come si può vedere nel blog, ho una passione per le paste fatte a mano della tradizione regionale italiana e non solo. Mi piace conoscere l’origine, la storia e provarle. Oggi rimanendo nella mia regione, ho provato a fare una tipologia di pasta dalla forma di lunghi maccheroni, molto diffusa nella Sabina con nomi diversi: Jàcculi o Jàccoli, Maccheroni a fezze o Maccaruni a matassa. Nell’antico dialetto sabino i “jàcculi” erano le corde laterali del basto (una specie di sella di legno per gli animali da soma), che servivano per tenere legati i vari carichi. Quindi, il nome richiama queste lunghe corde, poi riunite a matassa. A vederli sono molto simili ai Pici toscani, l’unica differenza è nella lavorazione. I Pici si arrotolano partendo da porzioni di impasto, mentre gli Jàcculi si fanno partendo dalla massa intera della pasta; si fa una sorta di anello e si lavora assottigliandolo con i palmi della mano, creando un unico cordoncino che poi viene avvolto a matassa. Questa antica lavorazione della pasta si può trovare anche nel vicino Abruzzo con il nome di Maccheroni alla molinara. Tra i vari borghi della Sabina, oltre a chiamarli in modi diversi, ci sono delle differenze nel procedimento: chi lavora l’anello senza mai romperlo, chi invece rompe l’anello prima di iniziare a lavorarlo sulla spianatoia. Detto questo il risultato che si deve avere è un  filo continuo che poi viene amattassato.
Il condimento va da sughi robusti di carne a sughi leggeri di pomodoro o il più semplice e profumato Pesto alla Sabinese, vale a dire: aglio, olio extra vergine di oliva sabino, peperoncino e maggiorana (chiamata anche persa); condito tutto a crudo ed a piacere si aggiunge una spolverata di pecorino. Così li ho preparati; sono semplicemente buoni.



Jàcculi al pesto Sabinese




Ricetta tratta dal blog Cucina Ecozoica

Ingredienti:


Per gli Jàcculi

250 g di semola rimacinata di grano duro, più quella per lo spolvero
80-100 ml di acqua (dipende dall’assorbimento della semola)
1 cucchiaio di olio extra vergine di oliva possibilmente sabino
pizzico di sale


Per il Pesto alla Sabinese

3 cucchiai di olio extra vergine di oliva possibilmente sabino
2 spicchi d’aglio
1 cucchiaino di maggiorana secca
1o 2 peperoncini secchi
sale

pecorino a piacere


Preparazione:

Si dispone a fontana la semola sulla spianatoia, si fa un foro nel mezzo e si mette l’olio extra vergine di oliva, il sale ed un filo di acqua, si comincia a lavorare e pian piano si aggiunge l’acqua necessaria. Si lavora energicamente per ameno 10 miniti, fino ad avere un impasto liscio ed elastico. Si forma una palla, si copre e si lascia riposare per 10-20 minuti.
Nel frattempo si prepara il Pesto alla Sabinese. Si taglia a pezzettini l’aglio ed il peperoncino, si mettono in una ciotola, si aggiunge la maggiorana secca, l’olio extra vergine di oliva ed un pizzico di sale. Si gira e si lascia riposare.


Jàcculi, preparazione



Passato il tempo di riposo della pasta, con le mani unte di olio (serve per facilitare il lavoro) si appoggia il pollice al centro della pasta, si fa un buco e si forma una sorta di anello che pian piano si fa girare tra le mani, con la pressione delle mani e il peso della pasta andrà via via ad assottigliarsi. Quando l’anello è abbastanza lungo si avvolge su se stesso, come a formare due giri di corda tra le dita, si posa sulla spianotia infarinata e si comincia con i palmi delle mani a far roteare man mano la pasta per ridurre sempre di più lo spessore dell’anello; si continua così fino ad avere un unico e lungo cordoncino. Si prende il cordoncino che si è formato e si ammatassa fra le mani, e se si vuole più sottile si ricomincia a far roteare sulla spianatoia.


Si porta ad ebollizione l’acqua per gli Jàcculi, si sala e si aggiunge un filo di olio extra vergine di oliva, si versano gli Jàcculi, si fanno venire a galla, si fa riprendere il bollore e si fanno cuocere per circa 5 minuti. Si scolano e si condiscono con il Pesto alla Sabinese, ed a piacere si aggiunge una spolverata di pecorino.